Un uccellino della zona stadio di Como mi ha inviato queste foto. Dimostrano, a mio avviso, come anche una notizia in apparenza piccola possa diventare un emblema della sciatteria che lentamente ma inesorabilmente avvolge una città.
Nelle foto si coglie nitidamente un lungo tracciato grigio chiaro che solca il normale asfalto più scuro. L'uccellino di cui sopra mi informa trattarsi della copertura - che definire rozza e grezza è poco - di uno scavo effettuato da una società di telecomunicazioni per la posa di fibre ottiche (sopra un chiusino c'è scritto Fastweb, per dire). Non è difficile notare l'approssimazione, a voler essere eleganti, con cui è stato eseguito il lavoro. Ora, per l'amor del cielo, a Como esistono problemi ben più gravi. Però mi domando come si possa iniziare ad affrontarli se anche cose minimali, peraltro in una zona di indiscutibile pregio, vengono realizzate con tanto spregio di ogni gusto e regola. Apparentemente, senza che nessuno controlli o intervenga, nemmeno a tutela della tanto sbandierata cittadella razionalista.
Aggiornamento: su Facebook, il consigliere regionale del Pd, Luca Gaffuri, si è impegnato a garanzia del fatto che la giunta Lucini, che ha sempre chiesto il ripristino delle asfaltature dopo lavori simili, provvederà anche in questo caso. Bene.
C'è da dire che in questo caso si tratta di un intervento minimale e il ripristino di una striscia così ridotta di asfalto può essere molto poco duraturo, certo è che anche se si potrebbe passare sopra alla differenza di colore per una fresata così stretta (alla fine vengono fatte così anche per evitare di compromettere il resto della strada con cedimenti oltre che per una questione di costi), quantomeno potevano riempire bene il solco.
RispondiEliminaOltretutto la prima foto evidenzia bene che il problema della zona non è certo una riga chiara sulla strada, ma ad esempio, lo stato ignobile del marciapiede...
Dopotutto Como ha anni di pesante eredità da smaltire in buche, asfaltature approssimative, rappezzi mal fatti oltre che un paio di "grandi opere" abbandonate.