martedì 23 settembre 2014

La politica o la città intera (ma non i privati): chi deciderà su Libeskind metta nome e cognome


Dopo i fortissimi dubbi espressi ieri da Paco-Sel sulla possibile collocazione del monumento di Libeskind sulla diga foranea (a fronte di una vasta fetta di città che sarebbe assolutamente favorevole), oggi uno spunto del consigliere comunale del Movimento 5 Stelle, Luca Ceruti, offre il destro per qualche considerazione. 

Dopo un invito al sindaco Mario Lucini a non "tentare di influenzare un dibattito che è partito malissimo perché i cittadini non hanno idea di cosa realmente si vuole fare, mentre un serio confronto non è ancora stato avviato", Ceruti pone la questione centrale di tutta questa vicenda: chi deciderà veramente sul destino dell'opera di Libeskind? Il consigliere, in questo senso, auspica un confronto democratico sul modello svizzero (esposizione dei progetti con costi e specifiche dettagliate, possibilità dei cittadini di esprimere opinioni, dibattito allargato). Chi segue questo spazio sa bene che l'indipendenza sarà la sua bandiera fino alla morte, il che però non vieta di considerare gli spunti interessanti da qualsiasi parte essi vengano. Questo è un caso di fattispecie.

Ad oggi, infatti, si è molto discusso su forma, collocazione, significato dell'opera e dettagli assortiti. Ma nessuno ha capito esattamente chi deciderà in via definitiva. Per ora siamo in presenza di due certezze: l'opera viene sostenuta e proposta alla città da un'associazione di privati, gli "Amici di Como". Ed è stata avallata da un punto esclusivamente tecnico-burocratico dalla giunta di Palazzo Cernezzi. Si deve fare di più.

Serve - naturalmente opinione di chi scrive - che dopo un percorso più o meno lungo di analisi e confronto sull'opera e sul suo posizionamento emerga una decisione non sfuggente, chiara, identificativa in maniera precisa di chi e perché avrà preso la decisione finale, qualunque essa sia sia. E le soluzioni sono due: o che la politica (naturalmente al netto del rispetto di ogni requisito normativo) produca un verdetto inequivocabile con l'assunzione di responsabilità necessaria per chi è investito da un mandato popolare per guidare una città; oppure che, per scelta o pavidità poco importa, gli amministratori si affidino a una consultazione popolare. Tertium non datur. E ancora meno "datur" è che sia un'associazione di privati, soltanto perché in possesso di un bozzetto di un architetto famoso nel mondo, a decidere se mettere e dove (meno che mai in un luogo pubblico e identitario di una città) un'opera di 16 metri. 
A meno che la politica non abdichi totalmente al proprio ruolo di guida e regia dello sviluppo di Como.

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