Bambini tra i bidoni: quando 2 assessori, un presidente, il vicesindaco e i vigili non riescono a far nulla

Vorrei aiutare la signora Letizia di Prestino. Ma sono sincero: più ancora che per le due foto che vedete in alto (comunque un pugno nello stomaco) o perché si è rivolta a me, vorrei farlo per tutto quanto vi sta dietro. Ovvero, la peggio burocrazia elefantiaca comasca. O forse, soltanto una palese mancanza di coraggio. Vediamo perchè.

Accade che con l'avvio della raccolta differenziata dei rifiuti, il 3 giugno 2014, anche nella distinta fila di villette dove abita Letizia appaiono i bidoni variopinti. Normale, è lo scotto da pagare per un piccolo passo avanti nella coscienza civica comasca. Quello che - a detta della signora - non funziona è "soltanto" la scelta dei vicini di piazzare i contenitori di plastica alti come un bimbo di 5 anni proprio accanto al viale di accesso dell'altra ala del complesso, con una sola ringhiera a separare i rifiuti dallo spazio dove da sempre giocano i figli e i loro amici (le foto sopra sono la testimonianza). Fin qui, volendo, siamo di fronte a una delle tante piccole "guerriglie" condominiali di cui è pieno il mondo. Ma da questo punto in poi la storia si fa squisitamente giornalistica. 

Nell'intento di sapere se fosse possibile trovare una collocazione migliore ai bidoni - e forse anche più a norma, visto che la zona "bidonata" risulta uno spazio privato a uso pubblico - la signora pensa alla cosa più semplice: rivolgersi ai nostri amministratori. Primo passo, il contatto con la polizia locale. Che va a controllare ma siccome il consiglio comunale non ha ancora approvato il regolamento specifico sulla differenziata (accadrà soltanto il 26 giugno), gli agenti dicono che non si può fare nulla.

Il 28 giugno, quindi, Letizia scrive per avere lumi al vicesindaco Silvia Magni e all'assessore Daniela Gerosa. Entrambe, il 30 giugno successivo rispondono, di fatto dirottando la questione sull'assessore all'Ambiente, Bruno Magatti (a cui è stata girata la mail della residente in copia) e sugli uffici Ecologia di Palazzo Cernezzi. Ancora non si muove nulla.

A questo punto, almeno per avere un chiarimento circa la regolarità o meno della posa continuativa dei bidoni su uno spazio a uso pubblico, la signora scrive al presidente del consiglio comunale, Stefano Legnani. Il quale dirotta nuovamente la questione agli uffici dell'Ambiente. Lì, l'ingegnere in servizio dapprima afferma che siccome la via è privata, nulla si può fare. Ma Letizia insiste: lo spazio è a uso pubblico. L'ingegnere - peraltro sempre cortese nelle repliche - conviene: qualcosa va fatto. E il 7 luglio manda ancora i vigili a Prestino. I quali confermano: da lì i bidoni dovrebbero essere spostati. Ne discende l'incarico a un geometra comunale per avvisare gli amministratori di condominio di provvedere al "trasloco" dei bidoni. Ma a 45 giorni e oltre di distanza, dall'amministratore della palazzina che dovrebbe provvedere non arriva alcun segnale. E i bidoni sono lì, ancora accanto ai bambini e al loro unico spazio di casa per giocare all'aperto.

La storia finisce qui, in un cortocircuito assurdo di mail, risposte, invii in copia, sopralluoghi, doppi sopralluoghi, domande scritte senza risposte. E qui - oltre al problema specifico che comprensibilmente affligge la mamma di Prestino - si torna alla domanda iniziale: che la signora abbia ragione o no (ma a quanto pare ce l'ha) qualcuno, in questa città, amministratore pubblico o di condominio che sia, avrà prima o poi il coraggio di dare una risposta a una residente, anche fosse negativa e anche comportasse scocciature di qualche minuto? E' possibile, a Como, ambire a tanto per un pugno di bidoni o è utopia?

Si tratta di spostare qualche chilo di spazzatura, non di lanciare missili su Cuba.