Il ragazzo con il ginocchio piegato all'indietro. La bambina con la maglia rosa sotto la pioggia.
Sono due tra le diverse presenze quotidiane che si incontrano ai semafori di Como. Il primo giovane (di cui avevo già parlato in questo post) si trova ogni giorno alla fine di via Grandi, incrocio con viale Roosevelt. La seconda mi è stata segnalata oggi da un automobilista fermo all'incrocio tra via Badone e via Pasquale Paoli. Scene normali per qualunque giornata lombarda, si dirà, anche se una ragazzina di non più di 12-13 anni che chiede l'elemosina sotto gli acquazzoni e le nubi nere di Como non riesce comunque a lasciare insensibili (siete o sarete padri e madri anche voi, no?).
Però un quesito di fondo si pone: per essere al semaforo ogni mattina, alla stessa ora e per le stesse ore, con ogni condizione meteo e senza alcuna tutela per la propria salute, da dove arrivano queste persone? Dove vivono, come vivono, dove dormono? Forse, si potesse dare una risposta a queste domande si potrebbero fare considerazioni più approfondite su queste esistenze apparentemente senza futuro. E senza un perchè.
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