Ricevo e pubblico volentieri - particolarmente in questi giorni, in cui guerre, stragi, minacce e la decapitazione del reporter James Foley (foto a sinistra) hanno riproposto in maniera violenta e sanguinaria il tema dei rapporti tra Islam e Occidente - questo contributo di Giuseppe Zecchillo, figura nota nell'ambito politico e sindacale lariano che qui esprime un punto di vista personale.
La riflessione nasce da una foto scattata da lui stesso il 7 agosto scorso (in alto a destra) davanti a piazza Cavour, a pochi passi dal Duomo di Como, emblema dalla cultura cristiana e cattolica della città. L'immagine ritrae una donna islamica, completamente coperta da un burqa. E la domanda di fondo che sorge immediata è una: soprattutto in questa fase storica, ma comunque anche in assoluto, è giusto che qualcuno, per il rispetto della propria religione ma in barba alle leggi italiane, possa girare per la città ed entrare in locali pubblici con il volto completamente coperto?
Lascio la parola a Zecchillo e alla sua riflessione.
"Qualche giorno fa, ho scattato a Como la fotografia che vedi. Non per mero sensazionalismo, ma perché ha suscitato in me dubbi, domande e, in realtà, ha risvegliato alcune convinzioni profonde. Premetto che non mi sfugge il fatto che nessuno sceglie dove nascere e quindi a quale religione o cultura appartenere. E, allo stesso tempo, è ovvio che ognuno di noi sia libero di andare a vivere dove vuole nel corso della propria vita, in base alle proprie esigenze e volontà. Ma sono convinto, e quella foto mi ha confermato la giustezza di quel pensiero, che quando si sceglie un Paese diverso da quello di nascita per risiedere, lavorare o anche soltanto per trascorrere una vacanza, si debbano rispettare due cose: il diritto internazionale e la cultura, con le sue leggi, del luogo dove ci si reca.
Ecco, quella donna, chiaramente di religione islamica, con la quale ovviamente non ho nulla di personale ma che rappresenta un simbolo, non ha fatto nessuna delle due cose. Girava per il centro di Como, città italiana e cristiana, senza essere riconoscibile né identificabile. Io non lo accetto, e il razzismo o chissà quale idea di guerra di religione, non c'entrano nulla. Dico, però, che tu, musulmana, devi rispettare la mia religione, la mia cultura e le mie leggi, come chiedi a me - spesso, al tuo Paese, con violenza - di farlo. Non posso tollerare che mentre in molte parti del mondo gruppi estremisti islamici decapitano un reporter americano, minacciano di sterminio i cristiani e dichiarano guerra all'Occidente, tu possa circolare per "casa mia" senza mostrare il volto.
E se sotto quel burqa si nascondesse un terrorista, un fanatico, un nemico dell'Occidente? Cosa dovrei fare io nell'ufficio postale dove lavoro o cosa dovrebbe fare un qualunque gestore di un locale o ufficio pubblico? Dovrebbero lasciarti entrare senza sapere chi sei e cosa hai in mente, solo perché la tua religione ti dice di mettere il burqa? No, non accetto tutto questo. Io sono cristiano, vivo in provincia di Como, sono occidentale. E se devo rispettare te, tu devi rispettare le mie leggi. Capitasse mai di trovarmi con una donna così in un ufficio pubblico, chiamerei subito i carabinieri, i vigili, la polizia. Non avrei un attimo di esitazione.
Non voglio pentirmi un giorno di non averlo fatto. E vorrei che il nostro Stato e le nostre istituzioni mi proteggessero e proteggessero tutti i miei concittadini da possibili minacce, senza chiedere soltanto a noi di tollerare tutto e tutti".
L'unica cosa che bisogna rispettare è la legge; in questo bisogna essere intransigenti. Il resto è aria fritta.
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