venerdì 19 settembre 2014

"Tricloroetilene e tetracloroetilene nella falda in Ticosa" Servono nuove indagini per la bonifica


Un incarico di complessivi 16mila euro affidato alla società Altene Ingegneri Associati e all'architetto Alberto Amadori per capire come mai e da dove arrivino due veleni (tricloroetilene e tetracloroetilene) riscontrati nella falda acquifera sotto la Ticosa in concentrazioni superiori alla soglia di attenzione.

La bonifica dell'ex area industriale si accresce di un altro capitolo, dunque, sia tecnico che di spesa.  Tutto nasce dalle prime analisi effettuate sulla falda, nelle quali vennero trovati anche altri inquinanti superiori alla soglia (ferro, manganese e arsenico) ma tutti catalogati come "in ingresso nell'area, cioè provenienti da altre zone". Il che aveva condotto a classificare quelle pur sgradite presenze come "inquinamento diffuso tale per cui l'eventuale bonifica della falda dovrebbe derivare da un Piano di bonifica di competenza regionale o da condizioni naturali". 

Diverso, però, è il caso relativo al tricloroetilene e del tetracloroetilene, per i quali - dal confronto tra l'originario piano di bonifica del Comune e i risultati di analisi sulla falda condotti tra gennaio e luglio 2012 - "appare ipotizzabile che la fonte di tale inquinamento sia anche interna all'area". Con una ulteriore precisazione che inquadra meglio il problema, poiché nei documenti ufficiali di Palazzo Cernezzi si legge chiaramente che "anche in altri punti del territorio comasco distanti dall'area in esame si sono reperiti dati di concentrazioni anche molto più elevate di quelle riscontrate nell'area in questione".

Da queste considerazioni, dunque, nasce la valutazione sul fatto che "i pozzi esistenti, in esercizio o abbandonati, possono consentire un prelievo di campioni volti ad approfondire proprio questo tema: se l'inquinamento da tricloroetilene e da tetracloroetilene sia da considerarsi di tipo diffuso, con sorgenti di inquinamento multiple e anche esterne all'area in questione, o puntuale e derivante dall'area in questione".

La decisione di Palazzo Cernezzi, dunque, è di procedere ora con un piano in due fasi. Da un lato, se venisse appurato che la sorgente dell'inquinamento è esterna (e magari anche già eliminata dai lavori di bonifica in corso da gennaio 2012), non dovrebbero essere attivate particolari procedure ulteriori per arrivare al collaudo finale dell'area bonificata. Nel caso in cui, invece, le indagini affidate in questi giorni riscontrassero una "sorgente" di inquinamento tuttora attiva all'interno dell'ex Ticosa, in quel caso servirebbe un vero e proprio nuovo progetto di bonifica della falda di competenza regionale (scenario davvero non augurabile né per la materia delicatissima in sé, né per l'eventuale impatto della circostanza sui tempi finali dell'operazione).

Ora, quindi, si darà corso alla cruciale fase 1 delle verifiche, con la raccolta e l'analisi di tutti i risultati delle indagini precedenti e con tutte le prove sul campo necessarie a dipanare il dubbio: gli inquinanti arrivano da "fuori Ticosa" o "nascono all'interno"? Da quella risposta dipenderà l'avvio di una eventuale seconda campagna oppure il cammino verso l'auspicata chiusura della bonifica. Risultati attesi entro un mese.

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