lunedì 20 ottobre 2014

Rovi, l'altro lato del Pd: "Renzi dalla D'Urso? Rischia di scadere nella macchietta. Tra Garlasco e tronisti, mi sorprende si adegui alla tv splatter"


"Le considerazioni di Christian sul target, che va rispettato, sono condivisibili. Ma il problema sta da un'altra parte".
Parte soft il ruggito del consigliere comunale del Pd, Guido Rovi (civatiano doc e vicino alla sinistra del partito) per replicare alla presa di posizione del segretario cittadino del suo partito, Stefano Fanetti, e del giovane dirigente Cristian di Fiore, che hanno espresso totale apprezzamento per l'apparizione del premier Matteo Renzi al salotto domenicale di Barbara d'Urso. Poi, però, si fa più forte e profondo. Probabilmente, perchè non gli è andata giù l'etichetta di "parte peggiore della sinistra elitaria e settaria" affibbiata da Fanetti e Di Fiore ai critici del premier e della sua scelta.

"George Lakoff diceva di non guardare l'elefante, quando ci si è saliti sulla groppa - ribatte Rovi a Di Fiore e Fanetti - Per carità è legittimo, però la famosa narrazione deve mantenere lo stesso linguaggio. Per mantenere il tempo di notizia e il tempo di parola si possono fare tutti i salti mortali possibili, ma si rischia di scadere nella macchietta. Sappiamo bene chi è Renzi, qual è il modo di comunicare, ma personalmente sono sorpreso che si adegui, proprio lui, alla tv splatter. Andare dalla D'Urso o dalla De Filippi non è peccato (ad Amici andò pure Fassino). Ma è tutta la coreografia che è discutibile, perché non necessaria a chi è nella condizione di dettare tempi e notizie". 

"Mi chiedo - aggiunge velenosamente il consigliere comunale - che cosa sia stato trasmesso prima e dopo l'intervista del presidente del Consiglio, perché lui è stato l'intermezzo a quelle robe là. Sappiamo bene, benissimo che il trash pomeridiano ci ha abituato dal passare dai truci scoop su Garlasco e Brembate agli ultimi amorazzi di qualche tronista caduto in disgrazia senza batter ciglio. Farsi associare a quel mondo non è così funzionale. Un conto sarebbe stato andare alla tribuna che la D'Urso tiene coi vari politici". Parole eleganti, ma di chiarissima presa di distanza dalla scelta di Renzi e dai colleghi di partito che hanno individuato nella partecipazione del premier al salotto di Canale 5 un modo per raggiungere anche quel vasto popolo che non si informa con tg, quotidiani e siti internet.

"Diceva un sindaco comasco che "la politica è anche etica" - affonda ancora il consigliere civatiano - inteso nel senso più etimologico del termine. Nella polis le tradizioni possono mutare nel tempo come i valori, ma sta a chi non è idiotes, cioè privato cittadino, provare ad educare la società, dare alla politica un senso perlomeno didascalico e non solo "demagogico". Del resto chi conosce l'evoluzione della narrazione renziana nelle quattro Leopolde sa bene che si è passati dalla mobilitazione cognitiva con lo speaker corner aperto alla passerella mainstream, dove c'è spazio perfino per qualche rottamato del sindacato (nel 2013 è successo davvero così). Mi ero fermato a questo e mi bastava". 

Nel passaggio finale - almeno nella mia interpretazione - Rovi azzarda anche un parallelo nemmeno troppo velato tra Renzi e Silvio Berlusconi. "Speravo che i luoghi e i tempi della narrazione con il governo sarebbero poi mutati in uno scenario, che è il posto dove la visione e il progetto si concretizzano. Ecco la narrazione di Renzi sta diventando scivolosa e sta assomigliando sempre più a quella di qualcun altro (Berlusconi? ndr), e alla fine a furia di vedere i messaggi declinati così, che dovrebbero sorprenderti, alla fine succede che poi non ti sorprendi più di nulla, addirittura ti annoi, e passi dalla speranza alla disillusione. Non è ancora questo il tempo, ma gli italiani sono volubili e vogliono l'immediatezza, non le promesse. Questa tattica può essere molto efficace comunicativamente nell'immediato, ma strategicamente nel lungo periodo rischia di cannibalizzare il prodotto e il brand e ciò mi preoccupa molto".

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