"Le considerazioni di Christian sul target, che va rispettato, sono condivisibili. Ma il problema sta da un'altra parte".
Parte soft il ruggito del consigliere comunale del Pd, Guido Rovi (civatiano doc e vicino alla sinistra del partito) per replicare alla presa di posizione del segretario cittadino del suo partito, Stefano Fanetti, e del giovane dirigente Cristian di Fiore, che hanno espresso totale apprezzamento per l'apparizione del premier Matteo Renzi al salotto domenicale di Barbara d'Urso. Poi, però, si fa più forte e profondo. Probabilmente, perchè non gli è andata giù l'etichetta di "parte peggiore della sinistra elitaria e settaria" affibbiata da Fanetti e Di Fiore ai critici del premier e della sua scelta.
"George Lakoff diceva di non guardare l'elefante, quando ci si è saliti sulla groppa - ribatte Rovi a Di Fiore e Fanetti - Per carità è legittimo, però la famosa narrazione deve mantenere lo stesso linguaggio. Per mantenere il tempo di notizia e il tempo di parola si possono fare tutti i salti mortali possibili, ma si rischia di scadere nella macchietta. Sappiamo bene chi è Renzi, qual è il modo di comunicare, ma personalmente sono sorpreso che si adegui, proprio lui, alla tv splatter. Andare dalla D'Urso o dalla De Filippi non è peccato (ad Amici andò pure Fassino). Ma è tutta la coreografia che è discutibile, perché non necessaria a chi è nella condizione di dettare tempi e notizie".
"Mi chiedo - aggiunge velenosamente il consigliere comunale - che cosa sia stato trasmesso prima e dopo l'intervista del presidente del Consiglio, perché lui è stato l'intermezzo a quelle robe là. Sappiamo bene, benissimo che il trash pomeridiano ci ha abituato dal passare dai truci scoop su Garlasco e Brembate agli ultimi amorazzi di qualche tronista caduto in disgrazia senza batter ciglio. Farsi associare a quel mondo non è così funzionale. Un conto sarebbe stato andare alla tribuna che la D'Urso tiene coi vari politici". Parole eleganti, ma di chiarissima presa di distanza dalla scelta di Renzi e dai colleghi di partito che hanno individuato nella partecipazione del premier al salotto di Canale 5 un modo per raggiungere anche quel vasto popolo che non si informa con tg, quotidiani e siti internet.
"Diceva un sindaco comasco che "la politica è anche etica" - affonda ancora il consigliere civatiano - inteso nel senso più etimologico del termine. Nella polis le tradizioni possono mutare nel tempo come i valori, ma sta a chi non è idiotes, cioè privato cittadino, provare ad educare la società, dare alla politica un senso perlomeno didascalico e non solo "demagogico". Del resto chi conosce l'evoluzione della narrazione renziana nelle quattro Leopolde sa bene che si è passati dalla mobilitazione cognitiva con lo speaker corner aperto alla passerella mainstream, dove c'è spazio perfino per qualche rottamato del sindacato (nel 2013 è successo davvero così). Mi ero fermato a questo e mi bastava".
Nel passaggio finale - almeno nella mia interpretazione - Rovi azzarda anche un parallelo nemmeno troppo velato tra Renzi e Silvio Berlusconi. "Speravo che i luoghi e i tempi della narrazione con il governo sarebbero poi mutati in uno scenario, che è il posto dove la visione e il progetto si concretizzano. Ecco la narrazione di Renzi sta diventando scivolosa e sta assomigliando sempre più a quella di qualcun altro (Berlusconi? ndr), e alla fine a furia di vedere i messaggi declinati così, che dovrebbero sorprenderti, alla fine succede che poi non ti sorprendi più di nulla, addirittura ti annoi, e passi dalla speranza alla disillusione. Non è ancora questo il tempo, ma gli italiani sono volubili e vogliono l'immediatezza, non le promesse. Questa tattica può essere molto efficace comunicativamente nell'immediato, ma strategicamente nel lungo periodo rischia di cannibalizzare il prodotto e il brand e ciò mi preoccupa molto".
Supercazzola?
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